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Riflessioni della Dirigente ad un mese dalla riapertura


Riflessioni della Dirigente scolastica a un mese dalla riapertura

“Presente!”

 

Rispondere “Presente!” all’appello in aula davanti ai compagni di classe non è solo una pratica formale di natura burocratica. E’ molto di più. E’ un’attestazione di responsabilità, un’affermazione potente della propria esistenza, individuale e particolarissima, all’interno di un contesto dato, di una comunità che si identifica per l’impegno a portare avanti il sogno di un mondo migliore grazie all’istruzione.

Questo è il postulato da cui tutto discende. E non può essere barattato con nulla. La didattica a distanza, la competenza digitale, l’aula virtuale, la community…  ben vengano. A patto che si aggiungano alla presenza, non che la sostituiscano.

La scuola non è solo istruzione, educazione, socialità, diritto allo studio. E’ molto di più: è il fundamentum della nostra civiltà occidentale se non addirittura della nostra umanità. E’ nella scuola infatti che si gettano materialmente, non metaforicamente, le fondamenta dell’essere umano, ossia  i valori e i concetti  intesi come abiti mentali che non possono essere appresi né diversamente né altrove. Per un semplice motivo: perché non vengono trasmessi in modo artato dal docente al discente ma sono naturalmente esperiti dal soggetto che è sempre necessariamente parte attiva. E i valori e i concetti - che non si insegnano, ma si sperimentano sulla propria pelle – li assumiamo tramite l’empatia in modo efficacissimo solo nell’aula (spazio noto, limitato e finito in cui ognuno trova la sua posizione all’interno di un sistema di coordinate rassicuranti), in un gruppo (piccola comunità di riferimento), di fronte all’adulto (guida autorevole), in vista di un obiettivo comune e condiviso: diventare cittadini consapevoli dell’importanza e della bellezza di esserlo.

Si vive l’essenza dell’io attraverso il tu, che ci sta di fronte, e del lui/lei che sta al nostro fianco, senza che nessuno spieghi queste parole con altre parole. Si percepisce la vicinanza di chi condivide con noi uno stesso fine. Si esperisce  la gioia per il risultato positivo conseguito dal compagno, la riconoscenza per un aiuto ricevuto, la fatica dell’impegno e del sacrificio, la responsabilità delle proprie azioni.

“Ma questo avviene anche nello sport, nel mondo del lavoro, durante il tempo libero, in famiglia!”. Vero. Allora cos’è che fa della scuola un’occasione persa per sempre se dovessimo ridurla all’apprendimento a distanza, dunque all’apprendimento virtuale, del “come se”? Il vicino di banco. Proprio lui. Burlone o musone che sia. Quello che è schierato sulla nostra stessa linea. Che guarda dalla nostra stessa parte. Che è al nostro fianco, in uno spazio reale, con il suo corpo, il suo odore, la sua voce.

E’ con lui che apprendiamo in modo naturale l’autorevolezza senza che nessuno ce la insegni. Non c’è bisogno: la viviamo. E la viviamo moltiplicata, rafforzata, perché l’input del docente diventa un’occasione per parlare, criticare, accogliere, persino fregarsene.

Nessun significato può essere veicolato senza significante, ossia nessun messaggio potrà mai transitare senza materia. E la materia principale attraverso cui apprendiamo è il corpo globalmente inteso, prossimo al corpo dell’altro. Il device non ci sta a fianco: è davanti. Nella griglia vediamo sì gli altri compagni in DaD: ma di fronte, non con noi. Non sentiamo se hanno paura o se sono tranquilli perché hanno studiato. Non ci suggeriscono. Non ci rimproverano. Non scherzano con noi .

Maledetto quel giorno in cui si dovranno spiegare, a mo’ di concetti astrusi, la fratellanza e la solidarietà.

Maledetto quel giorno in cui ridurremo le espressioni “stare dalla tua parte” o “essere al tuo fianco” a metafore che nascono da accostamenti improbabili.

E maledetto il giorno in cui si dovranno spiegare le emozioni come si spiega un teorema.

La prospettiva dell’indifferenza non è umana. Rappresenta ipso facto la fine dell’umanità.

Facciamo di tutto per tenere aperta la scuola e continuare con la didattica in presenza. Comportamenti virtuosi anche all’esterno possono fare la differenza. Niente e nessuno potrà restituire agli studenti l’occasione di apprendere esperendo: non è un processo recuperabile, rinviabile. E’ semplicemente perso.

Solo la scuola in presenza, mentre ti insegna a vivere, è già essa stessa vita.

 

                                    Rosa Goracci, Dirigente scolastica